La scorsa estate, ho avuto il privilegio di tenere un concerto di Campane Tibetane sulle montagne pistoiesi, presso i rifugi antiaerei della SMI, che si trovano 20 mt sotto terra. Lì vi era una fabbrica metallurgica, impegnata anche nella costruzione di armi. Nei sotterranei si rifugiavano in tempo di guerra i lavoratori, le loro famiglie e gli abitanti della zona, per sfuggire agli attacchi aerei. L'atmosfera oltremodo suggestiva di questi luoghi, dei lunghi corridoi da percorrere immaginando quali sentimenti possono aver animato le persone che li hanno utilizzati per proteggersi, ha reso l'esperienza particolarmente emozionante. Poiché il caso non esiste, a quel concerto ha assistito una persona, che mi avrebbe aperto la strada ad un'altra esperienza, quella che vado a raccontarvi oggi. Una di quelle in cui mi son trovato a mettere in gioco tanto di me, della mia storia di musicoterapeuta, educatore, essere umano. La persona di cui parlo è un'insegnante, una professoressa dell'istituto I.P.P.S. “Elsa Morante” di Firenze. Al termine del mio concerto, entusiasta si è avvicinata per conoscermi e chiedermi se io lavorassi anche con i ragazzi “grandi”. Voleva sapere se potessi essere interessato a presentare un progetto per un laboratorio di Campane Tibetane in una scuola superiore appunto, poiché secondo lei ce ne sarebbe stato davvero un grande bisogno, argomentando su quanto i ragazzi avrebbero beneficiato da un'attività simile. Stupito e felicemente solleticato da questa possibilità tutta nuova per me, con entusiasmo ho presentato il progetto a Ottobre. Con la dovuta pazienza, superati i tempi biblici dell'iter burocratico scolastico, a Febbraio è iniziata la mia avventura. Le difficoltà sono state notevoli. Solo l'aiuto di questa Professoressa ha agevolato un po' le cose nell'organizzazione del corso. Anzitutto la location, che, come spesso accade nelle scuole, oltre a non essere conforme all'attività per cui viene adibita, ecco che ci si trova anche a doverla spartire con altri corsi. In questo caso, l'aula che avevo in uso, con tappetini che permettevano di lavorare a terra, veniva utilizzata per un corso Oss, per cui ogni volta, prima di iniziare il laboratorio, la scena era quella di dover rimuovere manichini, letto e altri utensili. Tutto ciò di fronte ad una platea divisa tra giubilo e incredulità...un gruppo di adolescenti scettici, distratti e tendenti allo scherno. Personalmente, non vi nascondo che superato l'entusiasmo iniziale, mentre attendevo di veder confermato il laboratorio, l'idea di lavorare con le campane e i ragazzi delle scuole superiori, era stata motivo di pensieri contrastanti. So quanto sia difficile questa fascia d'età e la mia inesperienza con l'adolescenza era motivo di dubbi ed incertezze. Mi chiedevo se sarei riuscito a raggiungerli, a catturare la loro labile attenzione, a mettermi in risonanza e dunque a permettere loro di entrare in contatto con se stessi. Una bella sfida senza dubbio. Ma a me le sfide piacciono. E mi son detto che avrei portato a casa insegnamenti preziosi da un'esperienza così diversa dal solito, che mi obbligava a mettermi in gioco per primo. Il primo dubbio reale è stato scegliere il vestiario. Si sa, l'abito non fa il monaco. Ma quanto l'apparenza conta in questa società? Quanto conta per i ragazzi di oggi, gli adolescenti, il modo in cui ci si veste? Senza dilungarmi in un'analisi socio-culturale sulla moda, le tendenze e i risvolti psicologici degli status symbol della nostra società, la scelta che dovevo operare era: mi vesto come tutti i giorni o come quando vado a fare concerti, o condurre corsi e meditazioni? Ho seguito l'istinto. Mi son messo i panni delle Meditazioni, affinché i ragazzi riconoscessero immediatamente qualcosa di diverso, iniziando da subito a pescare nella loro mente suggestioni, immagini che potessero ricondurre al mondo orientale, a luoghi lontani, a modi di vivere profondamente diversi dal loro. E così è stato… il senso di straniamento era tangibile, ma anche la curiosità. Ecco com'è andata. I ragazzi già dal primo incontro, sono stati abbastanza in difficoltà. Prima fra tutte la richiesta di togliere le scarpe nello spazio condiviso. Non tutti l'hanno accolta. La classe era composta soprattutto da ragazze e moltissime di loro hanno preferito tenere le scarpe...c'è da dire che in adolescenza gli “umori” sono forti almeno quanto il pudore, che però si manifesta per cose inaspettate ed è diametralmente opposto ad un certo esibizionismo da social. Ho iniziato introducendo le Campane, presentandole. Nessuno sapeva cosa fossero. Alla domanda “cosa sono secondo voi?” Un ragazzo si è lanciato nella funambolica ed esilarante risposta “le campane delle mucche!” che ancora se ci penso sto qui a ridere… Appurato insieme a loro che non erano di fronte a campanacci rubati a qualche allevatore, sono passato all'azione. Ho suonato. E immediatamente ho fatto sentire ad ognuno di loro il suono della campana direttamente nelle loro mani, soffermandomi affinché ognuno esperisse la vibrazione. Perché spesso si parla di vibrazione, ma le persone non si rendono conto di quanto una campana tibetana possa vibrare nel palmo di una mano, di quanto il suono sia un qualcosa di fisico, che entra nel nostro corpo, muovendolo. Anche in occasione dei concerti o delle meditazioni uso l'esperienza diretta, perché le persone comprendano davvero di cosa parliamo. Sono rimasti colpiti dalla “danza dell'acqua”, il vorticoso movimento dell'acqua dentro una campana quando entra in vibrazione, molto utile per comprendere quanto anche i nostri fluidi si muovano a contatto ravvicinato con questo strumento. Poi ho iniziato un piccolo esperimento, un rilassamento guidato. Ho suonato le campane per i ragazzi, immergendoli nelle diverse vibrazioni che ogni campana produce. Ho notato che il suono grave, che è quello che risuona di più nei chakra inferiori e dunque è capace di muovere emozioni viscerali, sembrava dare più fastidio, forse proprio per il suo scavare in profondità. Perciò ho lavorato di più con le sonorità medie/acute le prime volte, cercando di arrivare ad un rilassamento corporeo totale. Ho usato delle visualizzazioni, che li hanno guidati dai piedi, salendo per i polpacci, richiamando un alleggerimento del respiro, fondamentale soprattutto quando ci si soffermava nella zona del plesso solare e del cuore, dove visibilmente sembravano esserci più resistenze e tensioni. Da lì, si continua a salire fino alla testa, per arrivare a rilasciare tutto il corpo. La prima volta è durato circa 5 minuti. I ragazzi hanno fatto una fatica estrema, non diversa da quella che riscontro nei bambini della scuola elementare o materna addirittura. Soprattutto perché condividere uno spazio in silenzio e nell'immobilità è difficile per i più piccoli ( ma anche per i grandi!), che iniziano a darsi fastidio l'un con l'altro, a parlare, a sghignazzare rompendo il silenzio, muovendosi continuamente, inibendo la possibilità di rilassarsi. A queste difficoltà, per quanto riguarda i ragazzi più grandi, dobbiamo aggiungere un'altra enorme distrazione, un buco nero oserei dire: lo smartphone, dal quale loro non si separano MAI. La proposta di mettere i telefoni in disparte, poggiati su un lettino del corso Oss che rimaneva presente nell'aula, è stata una vera e propria sfida. Le prime volte l'hanno fatto, poi, capito in cosa consisteva l'attività, hanno scelto di metterli in modalità silenziosa ma di tenerli con sé, confermando quanto il CONTATTO con questo estraneo sia invischiante, compulsivo, facilmente comparabile ad una dipendenza. Nonostante questo, man mano che gli incontri si sono susseguiti, nelle 4 classi coinvolte in un ciclo di 4 incontri, ho potuto vedere nella quasi totalità, una felice progressione verso l'apertura a questa esperienza e un cambio visibile di atteggiamento dei ragazzi. All'ultimo incontro abbiamo raggiunto ben 40 minuti di rilassamento in tutte le classi. Un dato significativo e positivo, sia per me che per loro. Da molti di loro è arrivata la richiesta di poter continuare gli incontri, per approfondire quanto esperito, con mia grande soddisfazione. Alcuni hanno così iniziato a seguire i miei video di meditazione guidata su YouTube. Quello che abbiamo osservato insieme è stata la difficoltà nel rimanere nei propri pensieri, nel rimanere in silenzio. Alcune ragazze, durante il rilassamento, hanno sentito il bisogno di uscire, poiché il semplice rimanere in silenzio, le metteva in contatto con pensieri che provocavano stati di ansia o panico. Per questo, in 2 classi su 4, dove i ragazzi erano più predisposti, ho scelto di lavorare un po' sul respiro, cercando di innestare semplici pratiche di Respiro Consapevole, spiegandone i benefici e presentandolo come uno strumento da usare quando ne hanno reale necessità: per aumentare la concentrazione o gestire ansia da prestazione a scuola, ad esempio. Lavorando con questo piccolo scampolo di mondo adolescenziale, con classi di 20-25 ragazzi, mi sento di portare alla luce il fatto che almeno l'80% di loro ha confermato di provare ansia protratta. Hanno potuto tirare fuori questa problematica difficile, perché ne hanno avuto la possibilità: alcuni di loro, forse i più coraggiosi, o quelli che ne sentivano l'urgenza, hanno raccontato che essere in silenzio, immersi nel suono delle campane, li portava a sentire con maggior prepotenza i loro pensieri, la loro mente e il loro corpo, tanto da indurli a scappare.
Lascio a voi che leggete lo spazio per riflettere su quanto ho appena raccontato. Su quanto le generazioni di oggi siano così tanto connesse a tutto un mondo che li allontana dalla propria umanità, dalle sensazioni, dai pensieri, dalla capacità di entrare in contatto con il proprio Sè. Ecco perché spero di poter ripetere questa preziosa esperienza. Mi sento privilegiato per ciò che ho condiviso con loro, per aver forse offerto loro uno spiraglio su un universo inesplorato, intimo e irripetibile. Sè stessi. Esseri umani delicati, fragili, chiusi a chiave da una società che sembra aver dimenticato il potere nascosto nel Silenzio: l'Ascolto.
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